Spesso abbreviato in “capo”, questo accessorio si applica al manico della chitarra e funziona come una ganascia: può essere posizionato dietro qualsiasi tasto per spingere le corde verso il basso e agire quasi come un nuovo tasto zero o capotasto, per l’appunto, che accorcia di fatto la lunghezza delle corde vibranti e quindi anche della scala generando note più acute.
Prendendolo in considerazione nella sua funzione di ausilio all'esecuzione, esso sostituisce sostanzialmente l'indice e il pollice nelle posizioni che prevedono il barrè. La parte del capotasto mobile che riposa sulle corde, la cui superficie interna è ricoperta dalla gomma, sostituisce l'indice e si posiziona verticalmente rispetto alla tastiera e tra due tasti. La parte posteriore che abbraccia il manico sostituisce invece il pollice ed esercita una contropressione sul retro.
Per andare un po' oltre, diamo un'occhiata ai libri di storia: il primo modello per chitarra sarebbe stato costruito già nel XVII secolo e consisteva in un pezzo di ottone ripiegato. Il termine “capotasto” (e il modo di utilizzarlo) fu impiegato per la prima volta nelle “Annotazioni sopra il Compendio de' generi, e de' modi della musica” di Giovanni Battista Doni (1593-1647).