In linea di principio, si distinguono due tecniche per l’acustica ambientale in stereofonia:
Con la stereofonia a tempo di volo, le differenze nel tempo impiegato dal segnale per giungere ai vari microfoni si ripercuotono nei diffusori deputati alla sua riproduzione, esattamente come per il nostro senso dell'udito: essendo i timpani a una certa distanza l'uno dall'altro, un suono proveniente dalla nostra sinistra raggiunge il timpano sullo stesso lato prima del destro (il suono deve prima "girare intorno" alla testa).
Nella stereofonia a intensità le differenze di livello del segnale sono decisive. In questo caso, le capsule microfoniche sono posizionate verticalmente, una sopra l'altra, e a coincidenza di fase. Producendo un segnale più forte da sinistra, con un livello di 3 dB superiore rispetto a quello di destra, esso sarà localizzato dall'ascoltatore come proveniente da centro-sinistra. In generale, questo tipo di elaborazione del segnale corrisponde a quella eseguita dai mixer portando con sé una migliore localizzazione del suono rispetto alla stereofonia a tempo di volo che restituisce comunque una rappresentazione spaziale più fedele.
Tecnica A/B
Come anticipato, con questa tecnica si ottiene una buona immagine sonora all'ascolto e una migliore profondità del suono. I microfoni A e B corrispondono direttamente ai segnali dei canali destro e sinistro: non è più necessaria la conversione tipica della tecnica M/S, di cui parleremo più avanti.
In linea di principio, i microfoni sono allineati parallelamente al centro della sorgente sonora, che nel nostro caso è il centro del coro. Esattamente come nel caso delle altre tecniche, questa può essere limitante per il direttore d'orchestra: è quindi consigliabile posizionare il microfono dietro quest’ultimo, ad altezza d'uomo. La distanza tra i due microfoni va dai 17,5 cm (distanza naturale tra le orecchie) a un massimo di 50 cm. A causa delle differenze temporali, tra i diffusori si creano sorgenti sonore fantasma che generano l’effetto stereofonico.
Questa tecnica può essere molto utile in caso di cori ben equilibrati e in ambienti acusticamente buoni.
Blumlein è un caso particolare della tecnica X/Y: due microfoni bidirezionali (figura a 8) sono qui coincidenti e orientati secondo un angolo di 90° l'uno rispetto all'altro: è interessante notare coma la figura polare sia qui ampiamente indipendente dalla risposta in frequenza complessiva, particolarmente importante, invece, nella tecnica X/Y. La caratteristica bidirezionale attenua però i suoni a bassa frequenza, cosa che rende questa tecnica poco interessante per le registrazioni di musica classica o dei cori.
Tecnica M/S
Le lettere stanno per Mid - o mono - e Side - o stereo. I microfoni sono identici a quelli utilizzati nella tecnica X/Y descritta in precedenza (microfoni a coincidenza). Il loro impulso deve tuttavia essere convertito all'arrivo, ad esempio da un mixer, per elaborare il segnale sinistro e destro da utilizzare. L’operazione comporta un po’ più di impegno: si parte dal segnale di una capsula bidirezionale per l’immagine stereo, da affiancare a una seconda, con caratteristica direzionale a scelta (spesso cardioide o omnidirezionale) per il segnale mono. Quest’ultima è sempre diretta al centro della sorgente, mentre il microfono "stereo" viene ruotato di 90° lateralmente. Tutta questa operazione permette di modificare in un secondo momento la registrazione, in studio, contrariamente a quanto accade con la configurazione X/Y. La tecnica M/S consente anche di ottenere una registrazione molto nitida e di impostare i microfoni tramite controllo a distanza, aspetti che la rendono molto popolare soprattutto tra le emittenti.
Tecnica a microfoni singoli
Questa, nota anche come tecnica multimicrofonica, si differenzia dalle precedenti per l'assenza di un microfono principale. L'obiettivo è lavorare a distanza ravvicinata dalle singole sorgenti sonore per separarle acusticamente l'una dall'altra, nel miglior modo possibile, riducendo al minimo la diafonia e la diffusione del riverbero. In questo caso specifico si dovrebbe dunque posizionare un microfono davanti a ciascun gruppo vocale o addirittura dividere le sezioni in prime e seconde voci, a seconda delle dimensioni del coro e del genere musicale da registrare. A ogni singolo microcanale corrisponderà una traccia, per un totale di segnali da poter comodamente modificare in studio, in un secondo momento, per elaborare volume e suono delle singole sezioni. Così come per i microfoni a coincidenza, tale tecnica permette di ottenere certamente una buona localizzazione e presenza sonora, con lo svantaggio però di dover sostenere una spesa aggiuntiva, a volte considerevole, per la quantità di microfoni e di apparecchiature necessarie alla registrazione multitraccia. Anche l’aspetto acustico viene, per così dire, impoverito: il suono reale viene privato della sua naturale profondità impattando sulla percezione uditiva dell’ascoltatore. Per questo motivo, nella pratica della tecnica a microfoni singoli la soluzione vincente è data dalla combinazione di un microfono in posizione più o meno centrale con microfoni aggiuntivi di supporto.
Il nome ORTF è preso in prestito dall'Organizzazione Radiotelevisiva Statale Francese, attiva negli anni Settanta, il cui obiettivo era quello di trovare un metodo semplice, universale e mono compatibile per la registrazione del microfono principale.
Uno dei compiti del metodo ORTF è tentare di restituire la copertura e la rappresentazione del campo di registrazione attraverso i diffusori, in un intervallo di 60°.
Due microfoni cardioidi sono montati su un binario in modo che le loro capsule siano distanti esattamente 17 cm (d) una dall'altra. L’angolo di apertura di entrambi i microfoni (a) è di 55° ossia di 110° in due. A fronte di una larghezza (b) della sorgente sonora di circa 5 m, si ottiene una distanza (c) di 2,30 m dal microfono alla sorgente sonora, pari al 46% della larghezza stessa. Come regola empirica, si può quindi affermare che la distanza tra il microfono e la sorgente sonora deve essere circa la metà della larghezza dell'area da registrare.
Questa tecnica è relativamente facile da mettere in pratica nella configurazione microfonica e offre una buona compatibilità con la registrazione stereo grazie alla bassa colorazione del suono in formato mono. Ricordiamo che i microfoni per questo genere di registrazione sono molto costosi (vedi sopra), di altissima qualità e destinati a usi occasionali tramite una società di noleggio (vedi anche la pagina dedicata alla scelta dei microfoni).