Età remota (anni '20-'40 circa) | Lo scopo principale dell'amplificazione per le chitarre era ovviamente quello di renderle udibili in un ambiente rumoroso. Nel caso delle acustiche si integravano semplici microfoni (pick-up) per renderle riconoscibili, anche tra i vari strumenti di in una big band. Le alterazioni del suono non erano gradite, ma era impossibile evitarle con i pick-up magnetici.
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Gli anni '50 | Quando persone come Leo Fender o Lester Pollfus (conosciuto da tutti come Les Paul) giunsero all’idea che la cassa armonica fosse superflua, decisero di montare semplicemente il manico, i pick-up e le corde su una tavola: nacque così la chitarra elettrica. Inizialmente accolta con scetticismo, la Fender Broadcaster fu ribattezzata Telecaster e divenne presto un bestseller. Seguirono poi il modello Stratocaster dell'azienda, le creazioni di Bigsby (celebre grazie al suo sistema per il vibrato), Gibson e, naturalmente, la Les Paul. La richiesta era ancora quella di un suono che fosse il più forte possibile ma sempre chiaro, clean. Ironia della sorte, fu proprio questo il motivo per cui Gibson interruppe temporaneamente la produzione della Les Paul nel 1960: le chitarre, con i loro humbucker Paf a basso rumore, non avevano un suono abbastanza chiaro e gli amplificatori saturavano troppo rapidamente.
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Primi anni '60 | I Beatles entrarono in scena all'inizio degli anni '60, con amplificatori Vox che producevano un meraviglioso suono clean - anche per gli standard di oggi - soprattutto in combinazione con le loro chitarre semi-acustiche Rickenbacker, Gretsch ed Epiphone. È interessante notare che i Beatles si avvicinarono molto tardi alle aziende veramente “grandi” come Fender e Gibson.
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1965 | Poiché quelli esistenti erano sistemi per la voce piuttosto che amplificazione audio PA (Public Address) nel senso moderno del termine, gli amplificatori dovevano essere “spinti” sempre più in là all'aumentare del pubblico e del suo entusiasmo: il risultato iniziale portava con sé una distorsione indesiderata unitamente al feedback, ed è proprio questo fenomeno che i musicisti pensarono ben presto di sfruttare dal punto di vista musicale. Dave Davies dei Kinks distrusse l'altoparlante del suo "little green amp" per creare il suono spezzato You-Really-Got-Me; si dice che Ritchie Blackmore abbia perforato la membrana del suo altoparlante con il tacco dello stivale... Gli amplificatori venivano spinti al massimo, mandando maledettamente in saturazione (overdrive) gli amplificatori di potenza: ciò diede lo spunto ai tecnici per sviluppare ciò che prima era proibito, la distorsione. I primi esempi più famosi contano il riff di Keith Richard in “Satisfaction” e il basso fuzz di Paul McCartney in “Think For Yourself” (LP: Rubber Soul): in entrambi i casi si trattava probabilmente di un Maestro fuzz. I suoni fuzz degli anni '60 alla lunga suonano piuttosto segmentati e artificiali, il salto di qualità in termini di suoni Lead lo dobbiamo a uno dei migliori nel suo campo: Eric Clapton. Dopo aver suonato stabilmente in stile Berry con gli Yardbirds, senza saltare troppo all’occhio, sviluppò l'archetipo del suono rock per eccellenza, durante la registrazione del leggendario album “Bluesbreaker”, utilizzando una Gibson Les Paul Sunburst (58 o 59 con humbucker Paf) e un combo Marshall 50 W. Il Master Volume (controllo generale del volume) era ancora lontano, motivo per cui Eric Clapton alzò semplicemente al massimo tutti i controlli (con il “tipico movimento della mano”): si dice che il tecnico del suono abbia avuto un attacco di panico e che il microfono sia stato posizionato a debita distanza. Il risultato è uno dei suoni più ricchi, “smoky” e più belli di tutti i tempi. Bisogna davvero ascoltarlo!
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1966/67 | Jeff Beck e Jimmy Page, entrambi successori di Clapton negli Yardbirds, usarono Soulbender per potenziare i loro Vox AC 30, mentre Jimi Hendrix usava il Maestro Fuzz Face e un Vox Wah Wah. La scelta dell'epoca era molto ridotta, ma anche l'eco a nastro, con l’Echoplex o il Wem Copycat fra tutti, merita di essere menzionato. Hendrix disponeva inoltre di alcuni piccoli dispositivi ingegnosi come l'Univibe (una sorta di Leslie artificiale) e l'Octaver.
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Anni '70 | Proprio in questi anni nasce il Master Volume: per generare i bei suoni valvolari, anche a volumi non dannosi per la salute, la saturazione viene ora generata dal preamplificatore, mentre un altro controllo regola il volume complessivo. Il tipo di distorsione è leggermente diverso (molti chitarristi moderni la preferiscono), sebbene anche questi modelli suonino meglio sollecitando almeno l’amplificatore di potenza: il volume ambientale comporterà comunque un compromesso. In termini di effetti, il Phaser si presentava sotto forma di un piccolo pedale, seguito poi dal Flanger e dal Chorus. La novità sostanziale del periodo è rappresentata dal movimento Punk con il suo stile esecutivo particolarmente grezzo.
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1978 | La vera innovazione riguardò soprattutto l’aspetto tecnico, sotto forma di un giovane “guitar hero”: Eddie Van Halen portò nuovo vigore ai vecchi “licks Blues”, sia attraverso le sue linee legate super veloci, l'uso di scale cromatiche, il tapping a due mani e, naturalmente, l'uso estremo della barra del vibrato. Anche la sua filosofia del suono influì su molti degli anni successivi (per saperne di più, ti invitiamo a consultare altre fonti). Corpo Stratocaster per la chitarra, arricchito da pick-up a doppia bobina al ponte e potenziometro per il volume, sistema tremolo Floyd Rose o Kahler per un’accordatura stabile, il tutto amplificato da un potente Marshall o simile. |
Anni '80 | Negli anni '80 i feticisti del suono come Steve Lukather svilupparono enormi sistemi rack (oggi spesso definiti “frigoriferi”), in cui vari preamplificatori e amplificatori erano collegati a un arsenale di effetti da studio di alta qualità. A causa dei numerosi stadi che il segnale attraversa, spesso viene a mancare qualcosa di essenziale: il "tono" che oggi entusiasma tanto le persone. I suoni erano spesso così sovraccarichi di Chorus, Harmonizer, Delay e riverbero da non essere più naturali.
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Dagli anni '90 ad oggi | Negli anni ‘90 cambiò il paradigma: la parola magica fu "grunge" e l'approccio del "ritorno alle origini" produsse in realtà grande musica e grandi suoni all'insegna del motto: “prendi una chitarra, collegala e suona”. La categoria Grunge è spesso sinonimo di un genere dalla modesta qualità musicale, suonato da “barbari” chitarristi vestiti alla moda: ciò che ne emerge è comunque la tendenza a tornare ai suoni più "naturali". Benché si vedano meno "stack" sul palco, i vecchi pedali degli anni '80 stanno sicuramente vivendo una rinascita: alcuni dispositivi da tempo gettati nel dimenticatoio hanno ora un nuovo seguito. Molti chitarristi si preoccupano meno del controllo del gain (a eccezione delle band heavy metal) a favore di un suono “crunch” armoniosamente bilanciato, che 10 anni fa sarebbe stato considerato solo come suono ritmico. Il braccio del vibrato, così essenziale negli anni '80, non svolge più un ruolo importante, a tal punto che molti esperti del settore lo hanno addirittura abbandonato del tutto (come Paul Gilbert, ad esempio). Che dire di oggi? Beh, c’è davvero di tutto e di più... Dagli amplificatori valvolari monocanale senza controllo master alla modellazione degli amplificatori che, all'atto pratico, offre i classici suoni valvolari con la semplice pressione di un tasto… |